La ribelle di Gaza by Asmaa Alghoul & Sélim Nassib

La ribelle di Gaza by Asmaa Alghoul & Sélim Nassib

autore:Asmaa Alghoul & Sélim Nassib [Alghoul, Asmaa & Nassib, Sélim]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2024-02-11T23:00:00+00:00


2 Vergine del paradiso promessa ai credenti.

20

La guerra

Mi vesto e scendo» ho detto all’amico prima di riattaccare. Erano le 11.24 del 27 dicembre 2008. Neanche il tempo di mettermi in piedi e sono cominciate le esplosioni, fuoco di fila assordante, cadenza infernale, mia madre è corsa sul balcone urlando il nome delle tre figlie che erano a scuola, i balconi delle case tutto intorno le hanno fatto eco. Nessun segnale premonitore, nessun preavviso, di colpo l’intera città si è messa a tremare. Il nostro vicino pazzo, che si chiama Israele, ha attaccato Gaza senza avvertire. Era la guerra. Stravolta, senza pensare che ero vestita da casa, sono uscita per strada. Mia madre si sporgeva talmente dal balcone che ho avuto paura che cadesse. Anche mio fratello Yasser è sceso in strada. Superandomi con la velocità di una gazzella è partito di corsa verso la scuola delle sorelle, come per prevenire gli eventi. La loro scuola è accanto alla stazione di polizia Arafat, quella di mio figlio è vicina alla sede della Pubblica sicurezza di al-Fatah nonché a un grattacielo di quindici piani occupato da uffici di Stato, entrambi possibili bersagli del bombardamento intensivo. Ho corso a perdifiato, preoccupatissima. Prima di arrivare ho saputo che il grattacielo in questione era stato buttato giù da una bomba sganciata da un aereo e che un’altra bomba aveva distrutto la sede della Pubblica sicurezza. Era per l’appunto l’ora dell’uscita degli alunni. Da noi le scuole gestite dall’UNRWA osservano due turni, il primo termina alle undici e un quarto, il secondo comincia alle undici e mezzo, e il bombardamento è cominciato esattamente tra l’uno e l’altro, nel momento in cui i bambini si incrociano, donde il grosso numero di vittime. Strada facendo ho visto donne che piangevano, gente disperata, ambulanze a sirene spiegate… Ho corso finché un tipo in automobile che stava andando a recuperare i figli si è fermato e mi ha fatto salire. Sono scesa davanti alla scuola, tutti i vetri del quartiere erano andati in frantumi, in cortile alcuni bambini piangevano terrorizzati. Dio, dov’è mio figlio? Sono salita di corsa nella sua classe. La sua sedia era vuota e ricoperta di schegge di vetro, pezzi enormi. «Nasser? Dov’è Nasser?» ho gridato, ma nessuno ha risposto. Non c’era sangue sulla sedia. Poi ho sentito una vocina, «Mamma!»: mi aveva trovato lui! Era tutto rosso in viso dalla paura, ma non aveva pianto, sarebbe stato mille volte meglio se l’avesse fatto. L’ho preso in braccio e ho cominciato a calmarlo. Genitori sconvolti affluivano uno dopo l’altro a cercare i figli. Nasser continuava a non aprire bocca, inebetito. Siamo usciti per cercare una macchina e sulla porta della scuola ha finalmente parlato: «È stato Hamas, mamma?». «No, gli israeliani».

Abbiamo approfittato di una pausa nei bombardamenti per tornare a casa, dove abbiamo trovato le mie sorelle in lacrime. Yasser le aveva riportate, terrorizzate. Da quel momento, a parte io che dovevo andare a lavorare, tutti gli altri membri della famiglia sono rimasti tappati in casa per i



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